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The Lone Ranger - Recensione

01/07/2013 | Recensioni |
The Lone Ranger - Recensione

Carica!!! Galoppando per immense praterie, polverose lande, ma anche sopra il tetto dei mitici treni a vapore del XIX secolo, arriva sul grande schermo un mito della cultura americana, Il Cavaliere Solitario (si proprio lui, quella nota sagoma a cavallo del suo bianco destriero).
E finalmente, è il caso di dire, perché la lavorazione del blockbuster The Lone Ranger costato una cifra record superiore ai 250 milioni di dollari è stata annunciata e poi rimandata più volte proprio a causa degli altissimi costi. La squadra è la stessa del franchise di successo Pirati dei Caraibi: il super produttore Jerry Bruckheimer, il suo fedele regista Gore Verbinski (che ha diretto i primi tre episodi della saga dei “Pirati”), gli sceneggiatori Ted Elliott e Terry Rossio (autori dei quattro film dei pirati) con l’aggiunta di Justin Haythe (autore dello script di Revolutionary Road), l’attore-simbolo della saga piratesca Johnny Depp che qui, complici anche le sue rivendicate origini cherokee, passa da pirata tutto treccine e anelli a guerriero indiano dal volto dipinto di bianco.  
Le rocambolesche avventure hanno per protagonista il famoso Ranger Solitario, eroe mascherato del vecchio West. La sua storia è raccontata dal punto di vista dell’ormai vecchio indiano Tonto che narra come l’uomo di legge John Reid era diventato un leggendario giustiziere in lotta contro l’illegalità e la corruzione. Accanto al bizzarro Tonto, il Ranger Solitario cavalca per lo sconfinato vecchio West combattendo contro l’acerrimo nemico, il bandito Butch Cavendish, ma anche contro l’avido e losco politico Latham Cole. 
Un eroe che è parte integrante dell’immaginario collettivo americano da 80 anni. Il Ranger Solitario debuttò infatti per la prima volta alla radio WXYZ di Detroit nel 1933 concepito come un western che affascinasse il pubblico dei bambini e continuò a intrattenere milioni di ascoltatori fino al 3 settembre1954, quando venne trasmesso l’ultimo episodio. Questa storia lunga 21 anni si interseca con quella dell’omonima serie televisiva di successo trasmessa sulla rete ABC dal 1949 al 1957.
C’è da dire che già in passato si tentò di portare sul grande schermo l’eroe mascherato: nel 1981, quando uscì La leggenda del Ranger Solitario per la regia di William A. Fraker e nel 2003 quando fu ideato un pilot per la CW network.
Ed eccoci a oggi. Mettete insieme una squadra capitanata da un ricchissimo produttore che trasforma in oro tutto ciò che tocca, un simbolo iconografico della cultura a stelle e strisce, un divo glamour e versatile allo stesso tempo nei panni di un bizzarro nativo americano dal volto impiastrato di bianco e con un uccello morto in testa, shakerate il tutto con un immenso apparato di mezzi e avrete un grande spettacolo adatto a intrattenere le platee di tutte le età.
Da una parte si gioca con un pizzico di autocritica storica con l’ennesimo ribaltamento della tradizionale visione dell’indiano d’America visto come violento e selvaggio iniziata più di 40 anni fa, dall’altro si intrattiene con l’eroe di turno, un ex avvocato impacciato e ingessato che, dopo la brutale uccisione del fratello, decide di indossare una maschera e di cavalcare “sopra” a illegalità, violenza, corruzione, soprusi, avidità.
Eroi o supereroi si diventa, non si nasce, e c’è sempre un passaggio obbligato, un ingresso che definisce l’eroe e segnala l’ipotesi di un destino: qui, il passaggio della soglia passa attraverso un saggio indiano che è il vero catalizzatore del film, nel bene e nel male.
A conti fatti, The Lone Ranger è un vero divertissement pieno di accessori curatissimi (dalle pistole col calcio in perla a preziosi orologi da taschino) e per cui sono stati costruiti ex novo perfino tre veri treni americani del XIX secolo. La chicca delle musiche del grande Hans Zimmer, che nel finale risveglia i ricordi sopiti in molti di noi dell’eroe western grazie al recupero delle celebri note dell’’Ouverture’ di “Guglielmo Tell” di Rossini, mette il sigillo sulla scoppiettante e funambolica sequenza finale che da sola riscatta i momenti più prolissi del film.
Indovinata la scelta del cast che vede, oltre alla carismatica presenza di Depp, il giovane Armie Hammer (che si è fatto notare nei panni di due gemelli in The Social Network e in J. Edgar al fianco di Di Caprio) nei panni del Cavaliere solitario. Nei ruoli di contorno, un bravissimo William Fichtner nei panni del villain Butch Cavendish, un ottimo Tom Wilkinson in quelli del corrotto politicante Latham Cole e una sorprendente Helena Bonham-Carter nel ruolo di una maitresse proprietaria di saloon con una sola gamba (e che gamba! Non vi sveliamo di più).
Insomma se cercate l’emozione di lunghe cavalcate e pirotecniche battaglie per la legalità immerse in un affascinante contesto vecchio western, questo film fa per voi. Peccato solo per l’eccessiva lunghezza: 149 minuti sono comunque troppi e quando si vuole esagerare si finisce per strafare.
Anche questa avventura Wild, Wild West diventerà un franchise di successo marchiato Disney? Probabilmente si, se Depp sarà ancora disposto a pitturarsi la faccia di bianco e a regalare misteriose pillole di saggezza miste a battute non-sense.

Elena Bartoni
 

 


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