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Sivas - Recensione

03/09/2014 | Recensioni
Sivas - Recensione

In mezzo a tanti nomi noti, a spiccare in questa 71esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, è il 34enne regista turco Kaan Müjdeci, ma non per la bravura di mettere in scena la pellicola, ma per mostrare senza arte ne' parte i combattimenti tra cani, senza condannarli.

Anatolia. Un ragazzino di undici anni, Aslan e Sivas, un cane da combattimento acciaccato, stringono un legame, dopo che Aslan trova l'animale abbandonato e ferito. Uno spettacolo scolastico di Biancaneve e i sette nani fa da sfondo alla storia: Aslan è molto deluso per aver perso il suo ruolo di principe contro Osman, suo rivale in amore, nonché figlio del capo del villaggio. Mentre Osman cerca di conquistare Ayse, la "principessa" del villaggio, Aslan cerca di impressionarla con il suo nuovo amico, Sivas. Il cane nel frattempo ha trovato una casa e inizia a vincere un combattimento dopo l'altro.

Un po' Belle e Sebastien e molto Fight Club questo è Sivas, un film che a causa della sua turbante tematica fa passare in secondo piano tutto quello che c'è di buono nella parte tecnica e diegetica.

Difficile infatti commentare con oggettività una pellicola che non fa nulla per denunciare le lotte tra cani, anzi mettendo al centro un bambino che prima sembra voglia far di tutto per tirare fuori Sivas dal giro e poi, invece, con entusiasmo lo butta ributta nell'arena.

La storia avrebbe avuto sicuramente più successo se si fosse concentrata sul rapporto tra cane e bambino in un doppio percorso di salvezza, invece di prendere, con coraggio, un'altra decisione scomoda e che creerà parecchie polemiche.

Mujdeci giustifica il tutto dicendo che il rapporto tra i due è talmente forte che è lo stesso cane a decidere di combattere per il piccolo Aslan, come se fosse possibile capire e comprendere il libero arbitrio dell'animale che, sinceramente, con il suo sguardo triste sembra tutto meno che felice di combattere. Certo potremo vederlo come un sacrificio da parte dell'animale per proteggere il bambino, ma da cosa? Il combattimento è una scelta dell'uomo dove l'animale si trova coinvolto.

Non c'è maturazione, non c'è un parallelo percorso di crescita, solo un esibizione di uno spregevole 'sport', l'unico dato positivo è dato dall'interpretazione del piccolo Dogan Izci cne, dal momento in cui salva Sivas, cresce, si toglie di dosso gli abiti da bambino per indossare i panni dell'adulto e, come tale, però non è meglio di chi lo circonda facendo combattere senza paura chi prima aveva salvato da morte certa.

Ci si domanda cosa il regista volesse dimostrare  con questa pellicola, perché trovare delle tematiche profonde o altro risulta davvero difficile. Eppure di sviluppi narrativi se ne potevano fare, con un'Anatolia sporca dove gli adulti sono tutto tranne che modelli di vita, regalandoci magari più un Belle e Sebastien in salsa turca, piuttosto che un Fight Club canino del tutto fuori luogo.

Sara Prian

 


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