Ermanno Olmi ha presentato oggi il suo ultimo lavoro: Il Villaggio di Cartone raccogliendo applausi su applausi durante la conferenza stampa, bissando così quelli raccolti dopo la proiezione stampa.
Non ha bisogno di giri di parole il regista per andare subito al messaggio che ha voluto lanciare col suo film: "Vorrei suggerire ai cattolici, e io sono tra questi, di ricordarsi più spesso di essere anche cristiani. Il vero tempio è la comunità umana. Più la Chiesa, la casa e noi tutti ci liberiamo degli orpelli, meglio è. Sennò siamo maschere, uomini di cartone. La vera fede, la cultura ideale la si ha solo quando il peso dei dubbi è maggiore delle nostre certezze. Dobbiamo pensare in proprio, sempre. Anche essendo religiosi ci si pongono domande, ci si devono porre domande."
Olmi risponde seccamente a chi domanda se non si rischia di ridurre il Cattolicesimo a mera accoglienza: "Cos'è più importante dell'accoglienza? Cosa? La sacralità dei simboli? Il simbolo deve rimandare ad una realtà di carne per avere valore. Non è possibile che ci genuflettiamo davanti ad un Cristo di cartone o di legno e poi non abbiamo solidarietà per chi soffre. È troppo comodo. La mia forza è questa convinzione. Il mio non vuole essere un film realistico ed ogni presenza è simbolica. Il ragazzo, suggestionato dalle parole della terrorista che decide di accettare l'atto violento come un dovere per non dialogare con l'altro ha lo stesso valore simbolico del sacrestano che denuncia i clandestini per paura di aprire la porta della sua casa senza chiedere a tutti: chi sei? Da dove vieni? Solo nel confronto e nel dialogo con gli altri possiamo capire chi siamo."