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Weekend - Recensione

07/11/2011 | Recensioni
Weekend - Recensione

Un piccolo film, certamente coraggioso, questo è in due parole Weekend presentato al Festival del Cinema di Roma nella vetrina della sezione “Focus” sul cinema inglese.
Diretto da Andrew Haigh, qui al suo secondo lungometraggio dopo Greek Pete del 2009, il film segue per un weekend la vita del giovane gay Russell (Tom Cullen). E’ venerdì sera, dopo essere stato a una festa con gli amici, il ragazzo si reca in un locale gay dove incontra Glen (Chris New). I due finiscono a letto a casa di Russell e trascorrono molte ore insieme parlando molto di sesso, amore, alcool, droga. Quella che doveva essere l’avventura di una notte, si trasforma in un weekend intenso, fatto di confidenze intime, sesso, droghe. I due si conoscono meglio e Russell racconta a Glen di essere cresciuto senza genitori confessando il grande vuoto affettivo in cui si è trovato a vivere. Proprio quando Russell sembra attaccarsi sempre di più a Glen, il ragazzo gli comunica di essere in procinto di partire per gli Stati Uniti. Sulle prime restio, Russell decide in extremis di raggiungere Glen alla stazione dove i due si stringono in un commosso addio.
La storia di due ragazzi diversi, apparentemente distanti, uno introverso, solitario, con una storia di affetti mancati alle spalle, l’altro più estroverso, irrequieto, sfrontato, due anime distanti ma più vicine di quanto si creda tanto da trovare spazio per un sentimento forte. Alla fine del weekend, ognuno avrà imparato qualcosa di buono dall’altro, una lezione utile alla difficile ricerca del proprio posto nel mondo.
Presentato con successo al Festival di SXSW di Austin in Texas, dove ha vinto il premio del pubblico, il film è stato girato a basso budget in appena 17 giorni. Merito del regista è di essere riuscito a fare qualcosa di diverso rispetto alla consueta rappresentazione di storie omosessuali sul grande schermo. Stile minimalista, forte impronta realistica, Weekend è una sorta di instant movie che colpisce per la crudezza delle situazioni e il disarmante iperrealismo dei dialoghi. Vero, profondamente intimo, talvolta volutamente “spinto”, il film potrà anche in alcune scene disturbare lo spettatore poco avvezzo alle unioni omosex.
Un’opera che non passa certo inosservata.

Elena Bartoni

 


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