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Finalmente la felicità - Recensione

16/12/2011 | Recensioni |
Finalmente la felicità - Recensione

Rieccolo. E questa volta promette nientemeno che la felicità. E’ il “golden boy” del cinema italiano Leonardo Pieraccioni, si proprio lui, quello che con il suo secondo film fracassò come un ciclone i record di tutti i tempi del cinema italiano con oltre 75 miliardi d’incasso di vecchie lire.
Dopo essere stato eterno laureando, giovane ragioniere, imbranato dog-sitter, autore  di libri per ragazzi, maestro elementare, esperto di effetti speciali, professore di ginnastica, gestore di un banco di frutta, “riparatore” di piscine, ora è un maestro di musica nel conservatorio di Lucca. Benedetto, questo il suo nome, viene chiamato dalla trasmissione di Maria De Filippi “C’è posta per te”  dove scopre che sua mamma, scomparsa da poco, aveva adottato a distanza una bambina brasiliana. A distanza di anni, quella bambina è diventata una bellissima modella. Ora che la ragazza, di nome Luna, è in Italia per lavoro, vuole incontrare il suo “fratello” italiano. L’incontro tra i due dà vita a una serie di colpi di scena e situazioni comiche. Quello della ragazza brasiliana e del maestro di musica sono due mondi a confronto, due modi di vedere la vita: il rapporto che si instaura tra i due  li porta a capire perché il destino ha voluto che s’incontrassero. 
Il film è garbato, come al solito, sorretto, come sempre, da una morale buonista, un aggettivo di cui il buon Leonardo non si vergogna fin da quando l’etichetta gli venne ‘appiccicata’ dopo Il ciclone, come continua apertamente ad ammettere con grande onestà.
La  struttura di fondo della storiella raccontata è un po’sempre la stessa (sceneggiata anche stavolta con il fedele Giovanni Veronesi) anche se il Pieraccioni non è più il giovanotto di tanti anni fa (ma gli anni continua a portarseli benissimo): un idealista maestro di musica che scrive melodie (la più bella si chiama non a caso “La felicità”) che gli vengono rubate puntualmente dal celebre e furbo maestro d’orchestra Ar(ro)gante Buscemi (il nome Argante ha una facile assonanza con l’aggettivo che dipinge a pennello il personaggio), vede irrompere nella sua vita (come un ciclone appunto) una bellissima ragazza (“alta e mora” come nel titolo del suo primo libro “Trent’anni, alta, mora”), straniera (come sempre) e naturalmente diviene pesce innamorato ancora una volta.
Onore al merito di Pieraccioni per aver fatto ancora una volta scelte mirate per il cast: non manca nessuna categoria, “i più belli” (la protagonista Ariadna Romero modella cubana e l’ex naufrago dell’”Isola dei famosi” il brasiliano Thyago Alves), “i più bravi” (Rocco Papaleo questa volta utilizzato in un ruolo più importante del solito e Andrea Buscemi che trasuda ‘teatralità’ da tutti i pori nella sua efficace caratterizzazione del narciso e ‘divo’ direttore d’orchestra), “i camei esilaranti” (Michela Andreozzi perfetta nella scena di gelosia della ex tradita dal protagonista e Maurizio Battista impeccabile spalla comica nella stessa scena). A ciò si aggiungano partecipazioni illustri come quelle di Maria De Filippi (bella pubblicità per il suo programma televisivo che funge qui da vero motore della storia) e del sempreverde Shel Shapiro nei panni di un fotografo-superstar. Ciliegina sulla torta, un’apparizione lampo di Massimo Ceccherini che da un letto d’ospedale con il solito sguardo allucinato esclama “Che brutta gente c’è nel mondo!”. 
Il film è come il colorato “Acquarello” del brano di Toquinho che accompagna una delle scene e scorre via per un’oretta e mezza, condito da belle musiche e da solari ambientazioni tra Toscana e Sardegna, tra qualche gag più riuscita (quella del bacio all’ospedale con Rocco Papaleo) e qualche altra un po’ troppo ripetitiva (la scena di gelosia dell’ex fidanzato della bella che fa credere di essere innamorata dell’uomo-normale Leonardo/Benedetto costretto come al solito a fare il pesce in barile). Sia come sia, Pieraccioni continua a mettere in scena sé stesso e la sua visione ottimista della vita, convinto che prima o poi se hai fatto del male ti torna indietro (ancora quel boomerang lanciato ne Il ciclone) ma soprattutto che “se non ti stanchi di aspettare, le cose arrivano”.
E dopo l’ennesimo happy end ci viene spontaneo chiederci: ma non sarà mica che questa volta nella vita del buon Pieraccioni, la felicità, quella con la “effe” maiuscola, “l’è arrivata davvero”?

Elena Bartoni

 


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