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Recensione di: La Storia Infinita

04/01/2011 | Recensioni |
Recensione di: La Storia Infinita

Chi non ha mai desiderato cavalcare con Atreyu o di volare in groppa a Falkor? Ponete questa domanda a tutti quelli nati negli anni ’80 e da pochissimi otterrete una risposta negativa. “La storia infinita” era un must, uno di quei film che hanno accompagnato la strada verso l’età adulta di molti adolescenti occidentali.
Uscito in sala nel 1984, la pellicola, tratta dall’omonimo romanzo di Michael Ende, racconta la storia di Bastian un ragazzo che ama moltissimo leggere, tanto da esserne ossessionato. Dopo che il vecchio bibliotecario gli parla di un libro magico, il ragazzino comincia a leggerlo e di colpo si trova in empatia con i magici personaggi che popolano la storia, ritrovandosi inconsapevolmente in una terra, Fantàsia, che ha bisogno di un eroe.
Come capita spesso ai best seller diventati poi materia da celluloide, abbiamo due fazioni contrapposte: una che osanna il film e l’altra di denigratori, capeggiata già durante l’uscita in sala della pellicola dallo stesso Ende. Due facce della stessa medaglia, che alimentano il mito e del romanzo e del racconto per immagini.
Ma che cos’è “La storia infinita”? Certamente è un decalogo di effetti speciali: il meglio della tecnologia anni ’80 riassunto in 92 minuti. Costato un’enormità, oltre 20 milioni di dollari, il film è una delle produzioni tedesche più costose di tutti i tempi, in cui buoni e cattivi si muovono come se tutta l’azione si svolgesse all’interno di un immenso circo. Perché questo è anche l’effetto che si crea: sembra che l’azione e il ritmo d’avventura debbano spiccare il volo da un momento all’altro, ma si resta sempre fermi, immobili e la conclusione avviene in modo troppo affrettato.
A far sognare comunque gli spettatori, oltre alla stellare fotografia, ci pensa la leggendaria colonna sonora, ancora oggi una hit che rievoca paesaggi fantasiosi e magici. Che poi si condivida o meno il messaggio filosofico (può esistere una società senza sogni?), praticamente simile nel romanzo e nel film, questa è un’altra storia, che non deve limitare chi si vuol godere le avventure del piccolo Bastian.

Davide Monastra

 


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