Sembrava un "biopic" concluso con la trilogia cinematografica diretta dal maestro Sam Raimi, ed invece ci risiamo. Spider-Man, uno dei supereroi dell’universo Marvel Comics più apprezzati ed amati di sempre, non solo ed esclusivamente dai “maniacali” fan del fumetto scritto da Stan Lee, torna sul grande schermo in una veste (la tuta rossa e blu è fortunatamente la stessa) rinnovata, in un film sapientemente diretto da Marc Webb, regista di video clip per artisti come Lenny Kravitz, Green Day e Santana, nonché della deliziosa commedia romantica 500 giorni insieme. Un’impresa tutt’altro che semplice quella di riproporre per il pubblico, a così pochi anni di distanza (il terzo capitolo risale solo al 2007), le gesta di Peter Parker e di come la sua vita, da sfigatello un po’ nerd, sia completamente cambiata in seguito al pizzico di un ragno radioattivo. Ma se, per fare una doverosa citazione, da un grande potere derivano grandi responsabilità, quello nelle mani di Marc Webb è molto di più di un super potere, è indiscutibilmente una miniera d’oro. Ma per non essere tacciato di arrivismo nei confronti di un prodotto che già sulla carta, si sa, sbancherà il box office, è necessario che, pur mantenendo una sorta di linearità “caratteriale” col personaggio del fumetto, quello del film viva in un impianto narrativo diverso e sostanzialmente originale.
Il passo indietro nella narrazione della storia di Peter Parker, è mutuato da Ultimate Spider-Man, serie a fumetti pubblicata dalla Marvel Comics dal 2000, nella quale si narrano i fatti antecedenti la trasformazione. Peter, ancora bambino, viene abbandonato dai genitori ( suo padre ricercatore genetico è costretto alla fuga in seguito ad una importantissima scoperta) ed affidato alle cure dello zio Ben e alla zia May. Alcuni anni dopo, durante il suo periodo liceale, alle prese con i normali turbamenti psico-fisici dell’adolescenza, nonché con i fallimentari tentativi di conquistare l’amore di Gwen Stacy, Peter deve fare i conti con se stesso e il suo passato, alla ricerca della verità sulla propria famiglia. L’indagine lo porta sino al laboratorio del Dr. Curt Connors, collega del padre che porta avanti le loro ricerche sulla rigenerazione cellulare con l’intento, forse non tanto utopistico, che prima o poi il genere umano sia in grado di curarsi da solo senza l’apporto scientifico. Questa importante scoperta avrà, però, delle terribili conseguenze…
Se lo Spider-Man interpretato da Tobey Maguire entusiasmava di più nelle parti in cui Peter prende coscienza del suo potere e di come utilizzarlo, qui questo aspetto è si trattato e sviscerato, ma passa diciamo in secondo piano rispetto all’importanza che per il ragazzo ha il suo rapporto con Gwen Stacy, primo amore, amica, confidente ideale. Andrew Garfield ed Emma Stone, giovani, carini (ma non disoccupati!) riescono a rappresentare perfettamente l’alchimia fra i due personaggi, aggiungendo quella ventata d’aria fresca che ci consente di non fare continui paragoni con la trilogia precedente. Nei panni del cattivone di turno, invece, un magnetico Rhys Ifans, nel ruolo del dottor Connors, alle prese anch’egli con la sua personale trasformazione nel Lizard; villain eccellente perché costretto a fare i conti con l’ambivalenza della sua personalità prima e dopo la mutazione. L’iniziale scetticismo nei confronti di questo reboot, forse non necessario se non in termini d’incassi, viene totalmente annullato nel momento in cui lo si considera come parte di un progetto nuovo e completamente rinnovato.
Serena Guidoni
