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Appartamento ad Atene - Recensione

27/09/2012 | Recensioni |
Appartamento ad Atene - Recensione

Atene, 1943, l’appartamento abitato dalla famiglia Helianos viene requisito per ospitare un ufficiale tedesco, il Capitano Kalter (Richard Sammel). L’ex editore di libri scolastici Nikolas Helianos (Gerasimos Skiadaresis) e sua moglie Zoe (Laura Morante) hanno due figli, la mite Leda (Alba de Torrebruna) di tredici anni e il ribelle Alex (Vincenzo Crea) di dodici. Il nuovo ospite si installa nell’appartamento occupando tutti gli spazi della famiglia: si sistema nella camera da letto dei padroni di casa, si siede da solo in salone facendosi servire i pasti, sistema i suoi libri e i suoi sigari nello studio. Gli Helianos si sottomettono, remissivi, alle rigide regole imposte da Kalter. Improvvisamente richiamato in patria, il Capitano si assenta per due settimane alla fine delle quali rientra completamente trasformato. Mite e depresso, non prova più piacere nell’esercizio del suo potere e sembra trovare confidenza e dialogo con Nikolas. Ma la confessione del Capitano di un grande dolore privato porterà a un nuovo gioco delle parti fino a un tragico finale.    
Appartamento ad Atene è un’opera prima sobria e delicata, ma al tempo stesso carica di dolore e rabbia. Per questo motivo apprezzabile, proprio perché riesce nella ricerca di un difficile equilibrio di toni e registri. Una “piccola” storia di un’invasione privata che rispecchia la “grande” storia dell’oppressione nazista. Un’invasione fisica di spazi intimi, familiari, personali, ma anche un’invasione dell’anima. L’inflessibile Capitano tedesco sembra davvero desideroso di succhiare l’anima dei suoi ospitanti attraverso l’esercizio di un potere assoluto che toglie ai dominati anche le più elementari libertà. Le diverse reazioni dei componenti della famiglia all’ospite sgradito disegnano un nitido quadro di equilibrio tra le parti. Come ha sottolineato il regista, il film non parla solo di nazismo ma ruota attorno alle relazioni che si sviluppano tra le persone e all’ambiguità dei rapporti umani, spesso fonte di logiche imprevedibili e spietate.  Alla sottomissione servile del padre e alla fascinazione che diviene quasi “innamoramento” della piccola Leda, fa da pendant la reazione di opposizione dura del figlio minore Alex (che porta il nome dell’indomito e fiero condottiero macedone) che culla fantasie di vendetta e della madre Zoe, che si piega solo in apparenza riuscendo a tenere una rigida distanza da un carnefice di cui non si fida neanche dopo l’apparente cambiamento. E l’ombra dell’immane tragedia della follia della Guerra (il maiuscolo è d’obbligo) si allunga oscura verso un drammatico finale.
L’esordiente Dipaola prende il romanzo di Glenway Wescott “Appartamento ad Atene” e lo traduce sul grande schermo con sensibilità e coraggio, firmando un film convincente che regala momenti intensi pur nella sua struttura chiusa: un kammerspiel raffinato con pochissimi esterni che riesce a mantenere sempre alta la tensione emotiva anche grazie a un ottimo cast.
Accanto ai validi protagonisti maschili, Gerasimos Skiadaresis (Il mandolino del capitano Corelli di John Madden e Il passo sospeso della cicogna di Theo Angelopoulos) e Richard Sammel (Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino), il valore aggiunto al femminile è rappresentato da Laura Morante (attrice fortemente voluta da Dipaola) sul cui volto intenso di moglie e madre, accompagnato dalla voce del marito che legge la sua commossa lettera-testamento, si chiude il film.
Una nota felice in chiusura: il film vanta un piccolo record, essendo stato presentato (fino ad oggi) in 51 Festival in giro per il mondo e ricevendo ben 27 premi. Tra questi il Premio come Miglior Film nella sezione Vetrina dei Giovani Cineasti Italiani al Festival Internazionale del Film di Roma 2011 e lo stesso riconoscimento al Los Angeles Greek Film Festival. Un motivo per sorridere e ben sperare per Ruggero Dipaola e la sua storia “particolare” e allo stesso tempo “universale”.

Elena Bartoni
 

 


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