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ParaNorman - Recensione

10/10/2012 | Recensioni |
ParaNorman - Recensione

Come il protagonista de “Il sesto senso”, anche l’undicenne Norman vede la gente morta (beh, anche gli spiriti degli animali in effetti) ed è fondamentalmente un incompreso. I concittadini e la sua famiglia lo considerano strano, a scuola un bulletto lo prene di mira e solo l’amicizia di un coetaneo grassottello gli è di conforto. Quando la sua città viene minacciata dalla maledizione di una strega e da un gruppo di zombi, sarà proprio il sensibile ragazzino a venirne a capo. Quattro anni dopo averci regalato il raffinato e godibile “Coraline e la porta magica”, lo studio LAIKA torna a valorizzare l’accoppiata “Stop motion + 3D” e conferma che questa forma di animazione si sta evolvendo in parallelo con gli oggi predominanti cartoon in CGI. Anche in “Paranorman” l’impronta è quella della fiaba dark, nel segno di Tim Burton, ma le sinistre atmosfere stavolta sono al servizio di una più multiforme mescolanza di generi e di registri narrativi. E’ il limite del film, e insieme il punto di forza che lo nobilita. I due registi Fell e Butler si scagliano contro l’ipocrisia degli adulti, il pregiudizio dettato dall’ignoranza, la paura del diverso; e questi messaggi arrivano ai giovani spettatori attraverso una intelligente combinazione di comicità e dramma, malinconia e gag esilaranti, demenzialità e sentita commozione. Il comun denominatore a livello espressivo è la sincera passione per il cinema horror, gustosamente omaggiato e parodiato a suon citazioni e strizzate d’occhio (geniali le musiche da zombie-movie anni ’70 durante la comparsa dei morti viventi). Chiaramente l’equilibro fra questi ingredienti soffre di alcuni alti e bassi, e verso la conclusione si pecca un po’ di verbosità e di prolissità, probabilmente a causa del palese coinvolgimento emotivo con cui gli autori hanno sviluppato il soggetto. Queste debolezze poco tolgono all’appeal di un prodotto tecnicamente curatissimo, ricco di personaggi caratterizzati  con arguzia (da segnalare il papà di Norman e il fratello dell’amichetto). Il suo merito fondamentale sta però nel saper parlare di tristezza e di solitudine senza mai diventare deprimente né cedere alla tentazione di contaminare la sua componente ridanciana scadendo nel melenso. Consigliato a tutta la famiglia, esclusi i bimbi troppo piccoli e impressionabili.

 


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