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Recensione di: The next three days

08/04/2011 | Recensioni |
Recensione di: The next three days

Il regista e sceneggiatore Paul Haggis, il primo cineasta a vincere due Premi Oscar in successione per le sceneggiature di “Million dollar baby” (2004) per la regia di Clint Eastwood e “Crash – Contatto fisico”(2005), quest’ultimo aggiudicatosi anche il premio al Miglior Film, torna dietro la macchina da presa per raccontarci ancora una volta l’America contemporanea, con tutte le contraddizioni e paradossi che la contraddistinguono. In quest’ultimo “The Next Three Days”, ad essere messo sotto accusa è il sistema giudiziario, le cui falle sono visibilmente sconcertanti, quando a pagarne le maggiori conseguenze sono gli innocenti o, più precisamente, i presunti tali. La vita di John Brennan (Russell Crowe) sembra perfetta fino a quando sua moglie, Lara (Elizabeth Banks), viene arrestata e condannata per un omicidio che sostiene di non aver commesso. A tre anni dalla condanna, John continua a battersi per provare l’innocenza di sua moglie ma quando la Corte Suprema respinge l'ultimo appello, John decide che è rimasta solamente una soluzione: organizzare l'evasione della moglie. Remake del film francese “Pour Elle” diretto da Fred Cavayé, questo adattamento è tutt’altro che “americano”, lontano cioè da logiche intrinseche nell’action movie della migliore tradizione made in USA. Un aspetto, in effetti, oltremodo fuori dal coro, ma in questo caso rimpiangiamo l’indagine sociale alla quale Haggis ci ha abituato e convinto in precedenza. La sagacia e temerarietà con la quale il regista ha affrontato la recente storia americana, e sulla quale ci ha costretto a soffermarci, cede il passo ad aspetti melodrammatici fin troppo prevedibili. Siamo lontani anni luce dal pathos con il quale abbiamo vissuto l’esperienza della visione di “Million dollar baby”, o la rabbia e gli interrogativi posti di fronte ai nostri occhi in pellicole come “Nella valle di Elah”. Qui l’aspetto giudiziario è semplicemente accennato, lasciando posto, per quasi tre quarti del film, ai tentativi goffi (però in questo autentici!), di un uomo spinto dall’amore che soccombe alla disperazione.

Serena Guidoni

 


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