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Il mio amico Nanuk - Recensione

14/11/2014 | Recensioni |
Il mio amico Nanuk - Recensione

Un viaggio alla scoperta dei ghiacci artici, delle loro insidie, ma anche una storia d’amicizia fra bambino ed animale, come più volte il cinema ci ha proposto. Questo è Il mio amico Nanuk, una pellicola a metà fra un reportage documentaristico e un film d’avventura, che dimostra la dedizione dei due registi, Roger Spottiswoode e Brando Quilici (sequenze artiche) nel parlare di riscaldamento globale e dei danni che l’uomo infligge all’ecosistema.

I protagonisti sono Luke (Dakota Goyo), un ragazzo di 14 anni e Nanuk, un cucciolo d’orso. Il ragazzino sfiderà i pericolosi elementi naturali per riportarlo dalla sua mamma. Ad aiutarli nella difficile impresa Muktuk (Goran Visnjic), guida Inuit che conosce quell’ambiente ostile. In quel rischioso viaggio fino all’estremo nord però, Luke e Nanuk verranno abbandonati a se stessi e dovranno vedersela da soli con branchi di orsi polari, iceberg giganti e una violenta tempesta.

Ricordando Il richiamo della foresta e Zanna Bianca, Il mio amico Nanuk presenta ancora una volta un’ambientazione ostile, il rapporto instauratosi fra un cucciolo d’uomo ed un cucciolo d’animale ed è quindi una perfetta metafora del legame fra natura e creature viventi.

Grazie alle sequenze documentaristiche di Quilici e le scene d’azione e d’avventura di Spottiswoode, il film diventa lente d’ingrandimento e focalizza l’attenzione dello spettatore, in particolare quello adulto, sull’ambiente che li circonda. Il viaggio verso Capo Resolute, vedrà infatti i protagonisti affrontare una tempesta e il crollo di giganteschi ammassi di ghiaccio e li costringerà a lottare per la sopravvivenza.

Luke e Nanuk però, vogliono principalmente parlare ai più piccoli e agli adolescenti, perché la pellicola altri non è che un film della serie coming of age, una storia di formazione per un ragazzo che accetta il rischio e pian piano diventa uomo.

Nonostante il bellissimo rapporto instauratosi fra Goyo e Nanuk e la dolcezza racchiusa nella loro intimità, però, il lungometraggio punta a far riflettere proprio sul problema del riscaldamento globale e i danni che infligge in particolar modo negli ambienti con clima freddo.

Certo, i due registi ne parlano oggettivamente, senza cercare di dare un proprio giudizio o fare la morale, ma questo messaggio sembra abbracciare grande parte della pellicola, togliendo forse lo spazio necessario allo sviluppo del rapporto fra i due protagonisti.

Questa forse la pecca principale del film, che rimane comunque buono, in grado di regalare immagini mozzafiato e sebbene più documentaristico che concentrato sulla finzione, riesce lo stesso ad intrattenere, specialmente i più piccoli.

Alice Bianco

 


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