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Point Break - Recensione

01/02/2016 | Recensioni |
Point Break - Recensione

Basato su, ispirato a, il remake dell'omonimo film degli anni '90 della regista Kathryn Bigelow, questa volta del semi sconosciuto regista e direttore della fotografia, Ericson Core, niente ha a che spartire con l'originale. A nulla serve quel tocco di misticismo zen, troppo ripetitivo e superficiale, il Point Break 2.0. delude, lasciando solamente un buco nell'acqua.

I nomi dei personaggi sono gli stessi, ma questa volta Johnny Utah (Luke Bracey) è un esperto di sport estremi e motocross, che dopo la tragedia capitata ad un amico si è allontanato dal giro. Spinto dalla volontà di entrare nel FBI, il ragazzo ritorna però nell'ambiente e riesce a farsi coinvolgere da un gruppo di atleti estremi capeggiato da Bodhi (Edgar Ramirez), convinto che siano i responsabili di alcune tra le più spettacolari rapine degli ultimi tempi.

Il piano della banda guidata da Bodhi è quello di portare a compimento le "otto prove di Ozaki", un percorso verso l'illuminazione spirituale, che spinge proprio la sfida fisica oltre i limiti umani. L'unica vera qualità che si può attribuire al film riguarda infatti le scene mozzafiato tra le montagne, le cascate e la natura incontaminata, ciò che manca però è una vera e propria storia.

Rimane la gara, la voglia di sfidarsi, qualche vago ricordo delle onde da surfare, ma è l'intera sceneggiatura a fare a lotta con i propri limiti, rimanendo ancorata alla superficie, al pelo dell'acqua, senza riuscire ad entrare nell'onda.

Il ''point break'', il punto di rottura, dove, come spiega uno dei protagonisti, la paura si impossessa dell'uomo e l'adrenalina prende il suo posto, riuscendo a far compiere quelle imprese spettacolari, è fin troppo osannata, in un tripudio di esibizioni sportive (entusiasmante il volo con la tuta alare), portate ahimè allo stremo. 

Quello che manca è però una linea narrativa che colleghi tutte queste, fin troppo ripetitive, dimostrazioni ai limiti del possibile. Come per i protagonisti infatti, il regista sembra essersi spinto oltre, ma in negativo, optando per una regia accurata, ma a discapito di tutto il resto.

A nulla serve nemmeno la questione etica-mistica, la volontà di far trionfare la natura e salvaguardarla e il potere delle multinazionali da combattere, perpetrato da una banda di motociclisti che come mezzo di sostentamento hanno un ricco figlio di papà. Per non parlare dell'inutilità di un elemento femminile nel gruppo, creato solamente per dare un tocco di romanticismo, ma abbandonato dopo un'ora, senza spiegazioni.
 
Point Break finisce quindi per rivelarsi un prodotto pensato e adatto solamente per quel pubblico abituato ad affidarsi alla rete web alla ricerca di immagini e filmati vertiginosi, che come unico scopo ha quello di entusiasmarsi con imprese mozzafiato, mentre per tutti gli altri, il consiglio è: meglio evitare.

Alice Bianco

 


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