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Paul Verhoeven presenta a Roma il suo ultimo film, Elle, e parla dei suoi progetti futuri

11/03/2017 | Interviste |
Paul Verhoeven presenta a Roma il suo ultimo film, Elle, e parla dei suoi progetti futuri

In occasione dell’anteprima per la stampa del discusso e pluripremiato film Elle interpretto da una straordinaria Isabelle Huppert (in uscita in Italia il prossimo 23 marzo), presentato al Festival di Cannes lo scorso anno, vincitore di due Golden Globe (miglior film straniero e migliore attrice drammatica) e candidato all’Oscar per la migliore attrice, è arrivato a Roma il controverso regista Paul Verhoeven
Tratto dal romanzo “Oh…” di Philippe Djian, Elle racconta la storia di Michèle, una donna in carriera che all’apparenza nulla sembra poter turbare. A capo di una società di videogames, la donna gestisce gli affari e i sentimenti con il pugno di ferro. La sua vita cambia improvvisamente quando viene aggredita i casa da uno sconosciuto con un passamontagna. Imperturbabile, Michèle cerca di risalire alla sua identità. Una volta che lo da identificato, tra i due si instaura uno strano rapporto. Un gioco molto pericoloso che può sfuggire di mano da un momento all’altro.  

Dopo la proiezione, Verhoeven si è prestato al fuoco di domande dei giornalisti:

Isabelle Huppert è stata candidata agli Oscar come miglior attrice protagonista ma il film non è finito nella cinquina come miglior film straniero. Secondo lei è un film troppo eversivo per gli americani?
Paul Verhoeven: “Si possono solo formulare ipotesi. Sicuramente il terzo atto del film è una parte molto difficile che non è stata accettata dagli americani. Il fatto che la protagonista passi da essere vittima a un rapporto sadomaso con il suo violentatore non ci ha consentito di trovare finanziamenti negli Stati uniti, né attrici che fossero disposte ad interpretarlo. Il fatto che il mio film sia stato escluso dalla rosa dei candidati è probabilmente una questione politica”.

Il film tratta un tema molto duro ma c’è spazio anche per molta ironia, per diverse situazioni ironiche e battute caustiche. Quanto c’era questo contrasto nel romanzo e quanta ironia ci ha messo lei?
Paul Verhoeven: “L’ironia era già accennata nel romanzo, era già stata inserita dall’autore che passa da scene di grande violenza ad aspetti più sociali come gli incontri che Isabelle intrattiene con persone che sono del suo mondo lavorativo e privato. In realtà io non volevo realizzare un thriller  ma volevo un film che non fosse collegato ad un genere specifico.
Ci sono tutta una serie di rapporti sociali che la protagonista intrattiene. La vita non appartiene a un solo genere, si tende invece troppo a caratterizzare ogni cosa con i generi. Io invece non volevo realizzare un film di genere, ma un film che non potesse essere incasellato in un genere specifico perché la vita è questo, in una stessa giornata puoi passare dalle tragedie alle cose più leggere. Succedono cose terribili a questa donna ma la vita è fatta di questo”.

A lei piacciono le donne particolari, borderline, che hanno molti tormenti. E’ davvero così attratto da donne così tormentate?
Paul Verhoeven: “Parlando di donne in generale, in questo caso il personaggio è nel libro, però devo dire di no, io non sono attratto da donne tormentate, ma comunqueio non considero questa donna tormentata. E’ una donna che ha subito determinate cose durante l’infanzia e il cui carattere è stato forgiato anche dal fatto di aver avuto un padre che aveva ucciso 27 persone, è una donna che rifiuta di essere considerata una vittima. Quando si trova al ristorante dice ai suoi amici “credo di essere stata violentata” ha un atteggiamento criptico e poi, alle domande degli amici e nel momento in cui le persone mostrano compassione nei suoi confronti, taglia corto e cambia argomento dicendo che vuole ordinare. Michèle non vuole essere vista come una vittima, non è una donna tormentata, è il suo carattere che è così. Nel terzo atto il suo comportamento potrebbe corrispondere al detto: ‘Ama il tuo nemico’.

Le donne sembrano essere vincenti in questo film, è un film molto femminista. C’era già nel libro di Philippe Djian questo aspetto?
Paul Verhoeven: “Si, c’era già nel libro. La scena finale del film è la scena finale del libro in cui due donne decidono di mollare gli uomini e di andare a vivere insieme. In generale abbiamo preso i personaggi dal libro, tutto quanto, io in realtà non ho inventato nulla, abbiamo seguito quello che il libro ci offriva”.

Parliamo del lavoro con Isabelle Huppert. E’ stato difficile convincere ad accettare il ruolo? E come avete lavorato sul personaggio?

Paul Verhoeven: “In realtà quello che è successo è che la cosa ha funzionato. In Europa c’è molta più libertà per un cineasta che negli Stati Uniti. Io vivo a Los Angeles ma devo dire che Isabelle Huppert era già interessata a questo personaggio ancora prima che io venissi contattato. Lei era interessata al progetto ed aveva contattato l’autore. Io avevo già lavorato in precedenza col produttore Saïd Ben Saïd e lui mi ha proposto di lavorare a questo progetto, abbiamo contattato uno sceneggiatore americano Davis Birke che ha scritto la sceneggiatura ma non abbiamo trovato nessuna attrice che voleva accettare un ruolo troppo problematico. Saïd mi ha proposto di riportare il film in Europa, da dove era partito, molto umilmente siamo tornati da Isabelle Huppert e le abbiamo chiesto se era ancora disponibile a girare il film. Oltretutto con lei non è stato necessario discutere di aspetti di natura psicologica e freudiana perché ha accettato in pieno tutta la sceneggiatura. Lei non ha avuto da ridire su nulla, è una persona estremamente audace, fa quello che i personaggio deve fare e non cerca di attirare le simpatie del pubblico. D’altronde anche io sono così”.

La modifica più importante dal libro al film è stata di aver trasferito tutto nel mondo dei videogames. Come nasce questa idea?
 Paul Verhoeven: “Attualmente devo dire che non conosco benissimo il mondo dei videogame. In realtà l’idea è partita dal libro in cui la protagonista era una sceneggiatrice. In realtà qui non c’è correlazione tra il mondo dei videogames violenti e le azioni violente che vengono commesse. Però abbiamo pensato che sarebbe stato difficile mostrare nel film un gruppo di persone che discutevano di sceneggiatura, era una cosa troppo astratta da rendere dal punto di vista visivo. Ero a Los Angeles e durante una cena mia figlia più piccola mi ha dato l’idea del videogame e io ho proposto l’idea allo sceneggiatore, solo allora ho scoperto che lui è in realtà un fanatico dei videogame e quindi ha colto la palla al balzo! Quindi abbiamo inserito l’idea nella sceneggiatura, siamo andati a Parigi e abbiamo preso due o tre videogames che aveva realizzato una società di videogiochi e li abbiamo mescolati”.

Gli americani fanno continuamente remake dei suoi film. Cosa penserà se poi faranno il remake anche di questo?
Paul Verhoeven: “Non nei prossimi quattro anni. Spero che la cosa non duri otto anni, non posso pensare che sia così seria la cosa!”.

Il personaggio di Michelle sembra avere una morale anti-morale, anti-borghese. Come si evoluta nel suo cinema l’idea della donna da Catherine Tramell a Michèlle?
Paul Verhoeven: “Si, potete pensare che Michèle sia amorale ma a me non mi tocca perché la moralità è alquanto assente nei miei film. Gli uomini e le donne hanno rapporti al di fuori di quello che è il matrimonio e io non ho fatto altro che seguire il personaggio come era descritto nel romanzo. Per quanto riguarda la mia visione delle donne, devo dire che col passare degli anni sono più interessato alle donne che agli uomini. Credo che le donne siano molto importanti, col passare degli anni mi rendo conto di quanto sia stata influente mia moglie.
Il mio prossimo film sarà incentrato su due donne, due suore, e sarà ambientato in Toscana nel Medioevo. E’ un film che è ambientato in una cittadina vicino Firenze, Pescia, in un monastero, basato su un libro, ‘Immodest Acts’, scritto da un professore americano che ha fatto ricerche in un archivio fiorentino. Per il momento il titolo provvisorio è Blessed Virgin”.

Riprenderà i due progetti su Gesù e Hitler?
Paul Verhoeven: “Si, su Gesù ho un progetto basato su mio stesso libro scritto nel 2007 ‘Jesus of Nazareth’, una revisione della figura di Cristo, visto come un rivoluzionario e un attivista politico, a partire dal Vangelo secondo Marco.
Non c’è nessun biopic su Hitler, il mio progetto è basato su un libro ambientato nel 1923, l’ anno del fallito colpo di stato di Hitler, ma non è un biopic”.

Che cosa dobbiamo aspettarci dal cinema americano sotto la presidenza Trump?
Paul Verhoeven: “I film che Hollywood realizzerà spero che siano film di critica a quello che sta succedendo. Mi auguro che Hollywood continui a essere critica nei confronti di Trump e mi auguro di potervi partecipare. In un cero senso abbiamo visto il successo di un film come La la Land che è un film che ci riporta ai vecchi tempi andati, credo che si tenterà di fare cose di questo genere, cioè cercare evasione da questo mondo così pericoloso”.

Elle uscirà in Italia il 23 marzo in circa 100 copie.

Elena Bartoni      

 


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