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Anteprima romana de La tenerezza il nuovo film di Gianni Amelio

20/04/2017 | Interviste
Anteprima romana de La tenerezza il nuovo film di Gianni Amelio

Anteprima romana questa mattina al Cinema Adriano per La tenerezza, nuovo film di Gianni Amelio interpretato da un grandissimo Renato Carpentieri affiancato da Giovanna Mezzogiorno, Elio Germano, Micaela Ramazzotti.
Liberamente ispirato al romanzo “La tentazione di essere felici” di Lorenzo Marone, il film racconta la storia di due famiglie, di sentimenti che si incrociano tra il sorriso e la violenza. Un padre, un anziano avvocato (Carpentieri) i suoi figli non amati, un fratello una sorella in conflitto, una giovane coppia che sembra serena. E i bambini che vedono e non possono ribellarsi. La storia di due famiglie in una Napoli inedita, lontana dalle periferie, una città borghese dove il benessere può trasformarsi in tragedia anche se la speranza è a portata di mano.

Presenti alla conferenza stampa seguita alla proiezione, il regista Gianni Amelio accompagnato dal cast: Renato Carpentieri, Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti.
La tenerezza uscirà nelle sale il 24 aprile in 200 copie distribuite da 01 Distribution.

La prima domanda è per Gianni Amelio e riguarda proprio il titolo del film. Cos’è ‘la tenerezza’?
Amelio: “Non trovo una definizione precisa, perché non so se è un sentimento o se è un gesto. Il titolo è venuto spontaneo pensando soprattutto al finale del film e alla testardaggine con cui il personaggio di Elena (Giovanna Mezzogiorno) cerca di recuperare un gesto da suo padre.
Cosa posso dire della tenerezza che non abbia già detto Papa Francesco? La settimana scorsa il Papa ha detto che la tenerezza dà libertà. E lo dice Francesco, una delle menti più illuminate dei nostri tempi.
La tenerezza è qualcosa di cui abbiamo bisogno per scacciare l’ansia, soprattutto oggi che siamo prigionieri di un mondo dove accade quello che non ti aspetti che accada, un mondo fatto di trappole e inganni. Non è un caso che il film si apra e si chiuda con due processi. Sembra esserci qualcosa di torbido che si nasconde dietro a un uomo che è un probabile terrorista. In questo mondo pieno di trappole ci vuole coraggio di non essere timidi e vergognosi, perché un gesto di tenerezza contrasta con il nostro voler essere protagonisti. Prima questa era una caratteristica degli uomini ma oggi lo è anche delle donne. Gli uomini e le donne hanno capito che la tenerezza va data quando è autentica perché altrimenti è merce scaduta.
Ci vuole tutto il percorso che fa il personaggio di Elena nel film per scardinare la chiusura del padre e forse anche guarirlo. E io, per queste storie di uomini che si prendono e si toccano le mani, ho un riferimento fondamentale, Ladri di biciclette che ha un dei finali più straordinari della storia del cinema: un gesto di coraggio, l’impulso che un bambino ha nel prendere la mano di un padre. Nel mio film il gesto lo fa per primo il padre.
Renato (Carpentieri) e io abbiamo la stessa età, io mi specchio in Renato, i sentimenti li condividiamo e ci troviamo in sintonia su tante cose”.

Un’altra domanda per il regista riguarda una scena dominata da un gesto di tenerezza tra moglie e marito (Micaela Ramazzotti e Elio Germano). Questa scena sembra un po’ un giro di boa per il cambiamento dell’anziano protagonista. E così?
Amelio: “E’ una scena che non ho potuto controllare, nel senso che l’hanno fatta gli attori. Elio fa il gesto bellissimo di imboccare Micaela da dietro, senza guardarla. Da regista l’unica qualità che mi attribuisco è di aver scelto questi attori straordinari”.

Intervengono gli attori:
Micaela Ramazzotti: “Questa una scena con una grande carica di eros non voluto. C’era una grande complicità di due persone che stanno insieme da anni, uniti da una forte passione. Mi è piaciuto molto perché ci siamo lasciati andare. Noi siamo stati adottati da Gianni, è una grande libertà sapere che c’è qualcuno pronto a prenderti”.

Elio Germano: “Gianni ti ‘abita’, è un abbandono che si vive a lavorare con lui, ad un certo punto non sai in che strada stai andando e questo è molto piacevole. Gianni ci ha talmente abitato che noi abbiamo messo in scena qualcosa di molto intimo.

Renato Carpentieri: “In quella scena non c’è solo imbarazzo da parte di Lorenzo, il mio personaggio, ma c’è anche il rimpianto di vedere una famiglia felice. Avere contatto con una famiglia felice fa si che questa persona chiusa incominci ad aprirsi”.

Una domanda per gli attori. Com’è essere adottati da un regista come Amelio?
Giovanna Mezzogiorno: “Ci viene data una grande occasione, bisogna fidarsi completamente, essere morbidi, lasciare che quella cosa venga a te, lasciare che quel film e che quel personaggio vengano da te. Si può leggere un copione, parlare molto di un personaggio prima delle riprese ma c’è sempre un momento in cui il controllo non lo hai più, vieni portato dove prima non potevi sapere. C’è sempre un margine molto ampio di qualcosa che ti sfugge completamente”.

Una domanda per Renato Carpentieri. Finalmente sei protagonista unico, però sulla locandina non c’è il tuo volto dolente magnificamente inserito in questa Napoli diversa dal solito. Come si fa a essere così bravo?
Renato Carpentieri: “Mi sono preparato in questi 27 anni che sono trascorsi da Porte aperte per fare un altro film con Gianni. E poi avevo un’altra responsabilità. Ero il doppio di Gianni. C’era qualcosa di lui nel mio personaggio. Gianni ha scelto da solo i luoghi da Napoli in cui girare e incredibilmente sono gli stessi della mia quotidianità. Una coincidenza che ha rafforzato il nostro rapporto artistico”.

Interviene Amelio: “Si vede da questo film che io da 27 anni volevo fare un altro film con Renato perché lo considero un attore straordinario. D’ora in poi per altri 27 anni farò con lui un film all’anno. E poi c’è un’atra faccenda: quanto è bello! Per me somiglia a Sean Connery anche se lui cerca di mascherarsi con questo barbone. Ringrazio anche gli altri attori, anche Maria Nazionale e Greta Scacchi che oggi non sono qui”.

Un’altra domanda per il regista. E’ presente il tema dello spaesamento culturale nel suo film? E poi una curiosità, è la bravura di Carpentieri che lo ha spinto a usarlo in ogni scena del film oppure questa presenza c’era già nel romanzo?
Amelio: “Il protagonista del romanzo è un po’ diverso. Il soggetto che io ho scritto insieme ad Alberto Taraglio e Chiara Valerio ha delle differenze con la storia del libro. Il carattere di Lorenzo è un’altra cosa: nel libro è un provocatore, è una specie di mattatore che si diverte a essere mattatore. Io l’ho trasformato in un uomo pieno di inquietudini che combatte contro l’idea di invecchiare. E’ una sorta di rifiuto che abbiamo tutti noi di fronte all’età che avanza, io la trovo una cosa ingiusta, io trovo che un uomo dovrebbe fermarsi a 40 anni e una donna a 35, però con la saggezza della maturità. L’idea di invecchiare ti dà una sorta di rifiuto della premura altrui, anche quando la premura viene da un figlio perché significa non essere più autonomi. Io ho un approccio ‘monicelliano’ alla vita. Una volta sul set un collaboratore mi disse che sembravo Monicelli, essere paragonato a lui vuol dire essere padrone del vapore, ma non è sicurezza ostentata, è perché ti viene naturale. Monicelli era uno che faceva la spesa tutte le mattine”.

C’è una grande crisi della paternità o è una grande crisi che riguarda tutti? E cosa ci può dire della grande capacità di raccontare questa Napoli, è più merito di Carpentieri o del libro?
Amelio: “Io considero una cosa: l’autobiografia sta nelle cose non dichiaratamente autobiografiche. L’autobiografia vera è quella un po’ traslata, quella in cui ci si mettono anche delle cose non dichiaratamente autobiografiche. Io metto in scena le mie paure e le mie fragilità e non le mie certezze.
Per quanto riguarda la visione di Napoli ho optato per una variante perché il libro a cui mi sono ispirato è ambientato al Vomero. Per uno non napoletano arrivare al Vomero non è arrivare a Napoli, io non saprei raccontare il Vomero mentre il libro è tutto là, molto vicino al vissuto di Lorenzo Marone, lui racconta Napoli dall’interno. Io credo che spostandoci in una Napoli più autentica siamo riusciti a dare un’immagine più sincera. Io credo che il cuore di Napoli sia quello che non sta solo nei ‘bassi’ ma anche quello degli attici in cui abbiamo girato.
L’appartamento di Carpentieri dove abbiamo girato il film, nella realtà è disabitato!”.

Perché non ha portato il film a un Festival ad esempio Cannes?         
Amelio: “Io da questo film vorrei solo il pubblico. Lo abbiamo fatto con tale carica di amore e semplicità che non va dato in pasto ai Festival dove i critici sono sempre di corsa fra un film e l’altro. E’ così belo vedere un film con tranquillità, chiacchierare lontani da quelle conferenze stampa da festival piene di imbecilli e di domande stupide. Io il film l’ho fatto per il pubblico”.

Qual è il valore della tenerezza?
Giovanna Mezzogiorno: “Il valore della tenerezza è enorme in un momento storico in cui i sentimenti  non vengono facilitati ma ostacolati. Il rapporto interpersonale mi sembra sempre più difficile, non è quasi mai disteso. L’umanità vive i rapporti interpersonali con stress, come una cosa faticosa. Si, tenerezza, perché no, come antidoto a tutto ciò. Il rapporto con un bambino è più facile perchè il bambino è pulito in questo senso e ha una grande libertà di comunicare tenerezza. Il mondo degli adulti è un mondo complicato in questo senso. Se mancano i gesti di tenerezza non c’è più possibilità  per nessuno".

Interviene Micaela Ramazzotti: “ Penso che la tenerezza sia curiosità, se sei curioso degli altri provi tenerezza. Quando provo un po’ di tenerezza vuol dire che c’è la curiosità”.

Ad un certo punto del film viene fatta una citazione “La felicità è una casa a cui tornare”. Di chi è la frase? Corrisponde alla filosofia profonda di Amelio?
Amelio: “La frase è di un poeta arabo. Corrisponde a tutta la mia filosofia.
Rispondo con un’altra citazione, Musil ha scritto ne ‘I fanatici’: ‘Non si è mai tanto in noi stessi quando perdiamo la strada’. Perdersi per strada significa ritrovarsi.
Nell’altra citazione del poeta arabo si vuol dire che non dobbiamo cercare la  soluzione delle cose chissà dove prendendo tutti i mezzi perché il problema è tornare sui propri passi quando si è persa la strada. Quando ti perdi, torna indietro e vedrai che qualcosa ritrovi. E' un concetto che ci appartiene e che dovrebbero insegnare. Io penso che certe necessità funzionino nella vita, poi il fatto che riusciamo o meno a metterle in pratica è un affare nostro, perché noi siamo deboli.
I personaggi del film non hanno maschere e non se le vogliono mettere”.

La tenerezza di Gianni Amelio aprirà il Bari International Film Festival.

Elena Bartoni 
                

 

 


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