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La favorita - Recensione

24/01/2019 | Recensioni |
La favorita - Recensione

Potere, sesso, bugie, macchinazioni, inganni, ma soprattutto solitudine. Una regina sola e due donne a lei vicine intente a giochi di potere nel Settecento inglese, tutto è raccontato da un punto di vista molto particolare dal lanciatissimo regista greco Yorgos Lanthimos, il cui ultimo film, La favorita, ha raccolto ben dieci nomination nella corsa agli Oscar 2019.
Siamo nei primi anni del XVIII secolo e la regina Anna (Olivia Colman), ultima rappresentante della dinastia Stuart, siede sul trono inglese. L’Inghilterra è in guerra contro la Francia e la regina, debole e malata, lascia di fatto governare il paese a Lady Sarah Churchill (Rachel Weisz), sua intima amica e confidente. La donna si occupa anche della sua salute e del suo temperamento volubile. L’arrivo dell’affascinante Lady Abigail Masham (Emma Stone), giovane cugina di Sarah, di nascita aristocratica ma caduta in miseria a causa della bancarotta del padre, porta scompiglio nei rapporti tra la regina e la sua favorita. Mentre le emergenze politiche legate alla guerra richiedono a Sarah maggior dispendio di tempo, Abigail si insinua nello spazio lasciato aperto, conquistando man mano la fiducia della regina e diventando sua confidente. Grazie all’amicizia sempre più stretta con la sovrana, Abigail riesce a realizzare tutte le sue ambizioni senza permettere a nessuno di ostacolarla.

L’ultima (e meno nota) discendente del casato britannico degli Stuart, Anna, era una donna dalla vita problematica e tormentata: soffriva di gotta (come tanti papi, re e regine dell’epoca), non era certamente attraente, mangiava molto e non poteva fare esercizio fisico per via di una gamba dolorante e tumefatta, era timida e non godeva di particolare considerazione, ebbe 17 figli tutti nati morti (solo uno visse una breve vita e morì a 11 anni). Nonostante ciò, proprio durante il suo regno (1702-1714) la Gran Bretagna divenne una grande potenza europea. La regina ebbe accanto a sé due donne speciali: Lady Sarah, amica d’infanzia e sua consigliera politica, e Lady Abigail, cugina povera di Sarah votata a una determinata arrampicata sociale. Tre donne legate da relazioni sessuali e da un intreccio di amore, favori e potere. 
Il regista greco mostra di saper giocare sapientemente con un mondo di contrasti: all’espansione esterna della nazione inglese, fa da contraltare il mondo del Palazzo, fatto di intrighi, vizi, segreti. E tra lanci di arance, corse di anatre e aragoste, conigli di stanza nelle camere da letto (la regina aveva 17 conigli bianchi in camera, ognuno per i suoi 17 figli morti in culla o poco più grandi), la lotta ruota sempre e comunque attorno al Potere con la P maiuscola.
Una storia in cui il potere è strettamente legato all’amore. Come ha sottolineato lo sceneggiatore Tony McNamara, che ha collaborato con Lanthimos partendo dal soggetto originale di Deborah Davis, La favorita è una storia d’amore e dalle complicazioni che nascono da questo sentimento, tanto da definire il film una “tragedia comica”.
Il ‘triumvirato di potere’ tutto al femminile al centro del film sarebbe stato insolito in qualunque epoca ma lo è ancora di più considerando che siamo ancore nel pre-illuminismo.
Nelle mani di Lanthimos il dramma in costume diventa qualcosa di diverso e coraggioso, un film intriso di spirito irriverente e imprevedibile, in cui emergono l’amore per l’assurdo e per l’umorismo dark del regista. Lanthimos e McNamara hanno lavorato per quattro anni sulla sceneggiatura decidendo di optare per un mix di complesse percezioni piuttosto che per una pedissequa osservanza dei fatti storici.
Le tre donne al centro dell’intrigo sono capricciose, gelose, arrabbiate, in una parola imperfette, sono donne “fisiche” come è raro vedere per un film ambientato in quell’epoca: sparano ai piccioni, vanno a cavallo al galoppo, corrono lungo i corridoi, seducono gli uomini nei boschi e fanno sesso. 
Il film ruota attorno alle grandi prove delle tre attrici su cui svetta l’interpretazione della sorprendente Olivia Colman già premiata con la Coppa Volpi all’ultima Mostra di Venezia (ingrassata di 15 chili e trasformata fisicamente) nei panni della regina Anna: viziata, lunatica e manipolatoria, ma anche vulnerabile ed emotivamente disperata. Merito dell’attrice è aver offerto un ritratto immerso totalmente nella fisicità deforme e malata della regina, colta alla perfezione nel suo impaccio volgare e nei suoi lamenti, ma anche nella sua sofferta sensualità.
Ben calate nei loro ruoli anche Rachel Weisz, che veste i panni di Lady Sarah Churchill, una donna che riesce ad avere potere grazie alla sua sagacia ed Emma Stone che è Abigail, la giovane donna che altera gli equilibri di potere tra la regina e la sua favorita. Le tre donne orchestrano i loro giochi all’interno di un palazzo presentato come un insieme collegato di stanze in cui la macchina da presa si muove in modo non convenzionale.
Folli grandangoli simili a specchi settecenteschi per deformare le inquadrature, musiche di Vivaldi, Bach ed Händel, omaggi ai ritrattisti settecenteschi e lampi kubrichiani, Lanthimos gira un dramma originale e moderno arricchito da audaci tocchi di ironia assenti nei suoi precedenti lavori. 
Il potere assoluto della regina sì, ma anche i Wigs e i Tories, la nascita dei moderni partiti politici, una guerra in Europa da finanziare: il tutto visto da un punto di vista femminile. E ancora di più, una regina al centro di un triangolo lesbo dalle conseguenze estreme, politiche e personali.
Sotto la patina dei belletti settecenteschi, degli uomini incipriati e imparruccati, dei merletti e dei bustini di dame e regine, il film trasuda grande modernità. L’attualità di una storia di amore e potere è sottolineata dall’attrice Olivia Colman: “noi mettiamo addosso ai personaggi vestiti differenti ma tutti lottano per le stesse cose”.
Una storia tutta al femminile senza tempo, perché certe pulsioni come la crudeltà, il cinismo, la sete di potere sono insite nella natura umana da sempre.

Elena Bartoni 

 

 


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