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Recensione di: A Simple Life

07/03/2012 | Recensioni |
Recensione di: A Simple Life

A simple life è uno di quei, aimè, sempre più rari esempi del cinema contemporaneo, nel quale la delicatezza dei dialoghi, la compostezza degli interpreti e la sobrietà dell’immagine, restituiscono allo spettatore una straordinaria tenerezza e coinvolgimento emotivo. Presentato in Concorso al Festival di Venezia 2011, la cui giuria ha decretato una impagabile Deanie Ip la Miglior Attrice della Mostra con la prestigiosa Coppa Volpi, il film vede finalmente la luce grazie ad una sagace e quanto mai lungimirante Tucker Film, la casa di distribuzione friulana organizzatrice, fra gli altri, del Far East Film. Insieme con la star del cinema asiatico Andy Lau, conosciuto ai più per la sua interpretazione ne La foresta dei pugnali volanti (regia di Zhang Yimou, 2004), la Ip costruisce un personaggio incredibilmente reale e toccante. Basato su eventi e persone realmente esistiti, il film ci racconta la storia di Chung Chun-Tao, anziana domestica (amah), al servizio della famiglia Leung da ormai sessant’anni. L’ultimo dei suoi padroni è Roger, produttore cinematografico che vive e lavora ancora ad Hong Kong (il resto della sua famiglia si è trasferita in America), e con il quale la donna ha un rapporto speciale. La vita semplice di Tao si interrompe bruscamente perché colta da un malore, che le impedisce di essere autosufficiente, costringendola a decidere di trasferirsi in una casa di cura. La dedizione con la quale Roger accudisce Tao è la conseguenza di una profonda gratitudine del giovane per la domestica, un atto dovuto. La storia che si sviluppa nel film viaggia su due binari diversi ma paralleli: da un lato il deterioramento fisico di Tao coincide con il sempre più forte affetto che la lega a Roger. Viceversa Roger, grazie a questo rapporto così puro e privo di secondi fini, è obbligato a rivalutare il modo in cui vive la sua vita. La regista Ann Hui, (attiva nella scena hongkonghese sin dal 1979) ha l’intelligenza e lo sguardo giusto per entrare con sensibilità in una storia che nella sua “semplicità” contiene tutti i topos dei rapporti umani: amicizia e solidarietà.  Il trasporto viscerale con il quale si fa i conti alla fine del film, pone lo spettatore di fronte a degli interrogativi profondi. Il senso di smarrimento, complice una documentaristica rappresentazione della difficoltosa situazione che relega gli anziani ai margini di una imperturbabile società moderna, è un sentimento che attanaglia il cuore.

Serena Guidoni

 


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