
Un cerchio che si chiude. Questo è il senso del trionfo di Marc Marquez, che ha conquistato il suo nono titolo mondiale, conquistato il mondiale MotoGP grazie al secondo posto a Motegi. Nella gara vinta da un ritrovato Pecco Bagnaia, il pilota Ducati si è assicurato la piazza d’onore e ha vinto aritmeticamente l’agognato titolo. Terzo Joan Mir su Honda.
Una vittoria che ha un valore diverso dalle precedenti. Marquez, infatti, ha superato 5 anni difficili, tra infortuni, operazioni, sofferenze, rinunce e momenti molto complicati. Lo spagnolo ha ritrovato la competitività grazie a una Ducati stellare, ma dimostrando anche di essere ancora oggi il miglior pilota della griglia. Marquez è diventato così il più “anziano” a vincere un titolo in MotoGP.
Il nuovo campione del mondo ha espresso le sue emozioni ai microfoni di Sky Sport: “Non riesco neanche a parlare, non voglio ricordare ciò che ho passato, perché sentirei dolore, voglio solo godermi il momento. E’ vero che è stato difficile, ma adesso sento pace dentro di me. Ho commesso grandi errori nella mia carriera, tornando troppo presto. Ho lottato, lottato, lottato e sono tornato a vincere di nuovo, quindi mi sento in pace”.
Lo spagnolo ha continuato: “Ci sono tante persone che mi hanno aiutato a uscirne, da solo sarebbe stato impossibile. Non voglio fare nomi di ringraziamento perché non finirei più, ma loro sanno chi sono. L’essere umano ha una grande capacità, quella di dimenticare il male e pensare al bene, almeno gli ottimisti. Ho sempre visto una luce in fondo al tunnel, l’ho seguita e mi sono risposto alle domande pensando a me stesso, essendo egoista perché così me lo chiedeva la mia gente. Sono entrato in un circolo vizioso con la caduta di Jerez, ho peggiorato tornando troppo presto, una decisione per cui incolpo solamente me stesso. Ti possono consigliare, ma alla fine la decisione la prendi tu. Per questo dico che è stato un Marc contro Marc e ora sono in pace“.
A proposito dell’importanza di chi gli è stato vicino: “La promessa a mio nonno? Sono sicuro che mio nonno ci stia guardando da lassù, tutti i nonni sono lì, ma lui lo viveva da vicino e mi disse ‘basta’, e io gli dissi che era l’ultima volta, l’ultima opportunità di provarci. Non sarei qui senza mio fratello Alex. L’ho detto tante volte, ci sono molte persone, ma lui mi ha aiutato molto, direttamente e indirettamente, senza volerlo. Il semplice fatto di essere attivo qui mi ha aiutato molto. Le cose non vengono da sole: sono in un momento della mia vita molto felice, molto stabile in tutti i sensi. Il destino ha voluto che il titolo arrivasse qui in Giappone con la mia vecchia squadra, Joan Mir li ha portati lì, e il cerchio si è chiuso e mi ha permesso di poter dire che andrò a riposare in pace quando tutto questo finirà. Questa è stata la sfida più grande: essere nella gloria, cadere e risalire“.
Provarci sempre è la chiave: “E’ peggio quando sei in alto perché cadi più in basso. Abbiamo eguagliato grandi nomi, Valentino, Agostini, Ángel Nieto nelle vittorie, non avrei mai potuto immaginarlo. Continuiamo a lavorare. Voglio che la gente mi ricordi per aver dato tutto, per aver ispirato le persone. La vita è cercare, provarci: se non ci riesci non è un fallimento, il fallimento è non provarci. Io ci sono riuscito e lo dedico a chi mi è stato vicino, perché ha sofferto più di me”.